Il punto del naufragio del 2013
35° 30' 00.0'' - N 12° 33' 00.0'' EIl punto del naufragio del 2013
35° 30' 00.0'' - N 12° 33' 00.0'' EQui il vasto letto delle acque si fondeva
e si divideva in mille torrenti in lotta tra loro, esplodendo all’improvviso in frenetiche convulsioni – gonfiandosi, ribollendo, sibilando – roteando in innumerevoli, giganteschi vortici, turbinando e precipitando verso oriente con la velocità dell’acqua di una cascata.
Edgar Allan Poe
Latitudine 35°30’N – Longitudine 012°33’E. Sembrano coordinate, come tante, numeri di quei codici che gli esseri umani si sono dati nel tentativo – a volte vano – di vincere la paura affidandosi all’ingegno e alla scienza.
Invece sono le coordinate del drammatico naufragio del 3 ottobre 2013, quando alle 3.30 di notte almeno 368 persone persero la vita ormai in vista della costa di Lampedusa.
Le persone non sono numeri e quel naufragio, in fondo, ne rappresenta altri mille, a Lampedusa o altrove. Quel pezzo di Mediterraneo è un simbolo, un appello, perché mai più si possa morire di frontiera. Questa è allo stesso tempo l’ultima e la prima tappa di questo Percorso di Pace, perché sia sempre la salvaguardia della vita umana la principale priorità degli esseri umani tutti, delle istituzioni e delle loro politiche, delle leggi e dei regolamenti. Tutto, ma proprio tutto, viene dopo. Un lembo di mare, con le sue coordinate, oggi rappresenta un buco nero, uno di quei maelstrom che popolano tanti racconti di mare nelle mitologie del nord, dove si temeva di sprofondare, vittime nel corpo e nel ricordo, dimenticati e perduti.
Queste coordinate non sono solo un punto di arrivo, ma un punto di partenza, per un’idea di pace che sia globale come lo sono le sfide che oggi si pongono davanti a tutti, indistintamente, nei paesi di partenza e in quelli di arrivo. E questo percorso, da Lampedusa, è una mappa, che tiene assieme solidarietà e sviluppo, pace e dignità, storia e memoria.
Come un tempo, oggi, Lampedusa si candida a essere riparo sicuro, luogo di tregua e confronto, per farsi laboratorio di un mondo di pace, che non significa solo assenza di guerra, ma un contesto legale e civile, dove tutti si sentano al sicuro senza sentirsi costretti a rischiare la vita per dare alla stessa un senso per essere vissuta.