La porta d’Europa
35°29'36.6'' N 12°36'19.8'' ELa porta d’Europa
35°29'36.6'' N 12°36'19.8'' EL’artista non dovrebbe celebrare ma raccontare.
Ho provato a spiegare qualcosa che avesse a che fare con un esodo forzato, qualcosa di comprensibile a tutti i popoli. Per questo ho voluto la porta il più lontano possibile dal centro abitato e il più vicino possibile all’acqua e quindi all’Africa
Mimmo Palladino
Lampedusa è il punto più meridionale d’Italia e il punto più meridionale dell’isola, la punta di Cavallo Bianco, è sempre stato una porta. Una lunga, e spesso pericolosa, strada d’acqua porta diretti alle coste della Libia. Su quella rotta, nei secoli, sono passati storie di donne e di uomini, lingue e culture, eserciti e pirati. Non si è mai interrotta, quella strada. Una porta, dal 28 giugno 2008, ne segna i due sensi di marcia. È l’opera dell’artista italiano Mimmo Paladino, altra quasi cinque metri e larga tre metri. Porta d’Europa appunto, ma anche finestra sull’Africa, in uno scambio di punti di vista che spaziano dall’infinito mare a una piccola isola, approdo di salvezza tra due mondi e spesso tra due vite differenti.
Grazie al rivestimento interamente realizzato in ceramica, la porta assorbe e riflette la luce del sole ma anche quella della luna, divenendo una sorta di faro visto dal mare. Per chi arriva dall’Africa, si tratta della prima parte di terra visibile dopo aver visto solo acqua per ore ed ore, spesso a bordo di barconi o gommoni troppo stretti per starci in piedi, e troppo fatiscenti per starci vivi, diventa una sorta di promessa, come la visione della Statua della Libertà a New York, per i tanti migranti – molti dei quali siciliani – che arrivavano negli Stati Uniti in cerca di una nuova vita.
La porta di Lampedusa è stata realizzata in memoria di tutti i migranti i cui viaggi non si sono potuti compiere, deceduti e dispersi in mare, di cui in alcuni casi abbiamo notizie, ed in altri casi neanche avvistamenti, per tutte le loro storie spezzate, per tutte le storie dei genitori rimasti senza figli e dei figli orfani, degli amori perduti, delle speranze disperse, delle promesse infrante e delle paure concretizzate.
La porta è in sé un simbolo di passaggio, divide un qui da un là, permette di varcare e di separare. Aprire una porta è nella simbologia comune l’azione che dà inizio ad un nuovo capitolo della propria vita, ad un momento di rinascita, alla possibilità di salvezza da tutto ciò che si è costretti a lasciare dietro, alla speranza di un domani migliore. E sempre viva è la speranza di tornare nuovamente ad attraversare quella porta, per riagganciarsi alle proprie radici, immaginando che la scelta di oggi, un domani, conceda un ritorno.
Una scelta dettata dal coraggio e dalla disperazione: coraggio di affrontare un nuovo Paese, una cultura sconosciuta, la totale assenza di legami rispetto al luogo; disperazione perché ci si rende conto che non si può vivere in quelle condizioni, né per se stessi, né per i figli che arriveranno o sono arrivati nella vita.
Podcast: Storia di Lampedusa - 1^ puntata
Il progetto – sostenuto dall’associazione culturale Amani e dall’iniziativa di Arnoldo Mosca Mondadori – per la realizzazione di un’opera che commemorasse i popoli dispersi in mare è nato dopo la scoperta del grande naufragio di Porto Palo, nel Natale del 1996. La porta è stata realizzata grazie alla donazione del suo artista Paladino: il consiglio comunale di Lampedusa e Linosa, all’unanimità, decise di posizionare l’opera sulla punta di Cavallo Bianco.
Realizzata in un laboratorio di Faenza, assemblata a Paduli, è partita su un camion il 21 giugno 2008, caricata su un traghetto a Porto Empedocle e arrivata a Lampedusa. Il giorno dell’inaugurazione, la porta è stata scoperta dopo una processione, cui hanno partecipato le autorità locali e artisti, partita dalle vie del paese, per arrampicarsi sul promontorio ed avanzare in memoria dei morti del mare, annegati a poche miglia da Malta o da Tripoli.
Il monumento sorge a pochi passi da un una punta di roccia che nasconde un grande bunker militare del tempo della Seconda Guerra mondiale, per ricordare sempre che qui l’Italia (e l’Europa) finisce e inizia allo stesso tempo, di fronte a un mare e a un mondo che è stato nel tempo minaccia e speranza, ma che non potrà mai smettere di essere una porta.