Nessun uomo è un'isola

John Donne

Proprio alla fine della centrale e suggestiva via Roma, a Lampedusa, c’è una porta per attraversare il tempo e lo spazio. Non è un semplice museo, anzi due, ma un attraversamento, un passaggio.

Dopo la ristrutturazione dell’edificio, avvenuta negli anni Novanta, un museo archeologico racconta la storia delle isole Pelagie, l’arcipelago formato dalle isole di Lampedusa, Linosa e Lampione. Un’ampia selezione di reperti, organizzati in un percorso cronologico, conduce il visitatore tra i manufatti che dal Neolitico fino all’epoca romana. Reperti che raccontano la millenaria storia di un luogo che, da sempre, ha accolto storie e persone.

Le vicende del popolamento delle isole Pelagie sono segnate da un marcato carattere di discontinuità, che si apprezza fin dalla lontana preistoria e attraversa tutte le epoche storiche fino in età moderna. La posizione geografica al centro del Mediterraneo ha sempre conferito alle isole un’importanza strategica come punto di approdo lungo le rotte tracciate dai traffici marittimi, ma l’isolamento e la scarsità delle risorse rendono difficile il perdurare di un insediamento stabile.

Per ogni fase di vita, che la ricerca archeologica ha potuto accertare sulle isole e che è documentata in questo Museo, la presenza duratura di una comunità trova sempre una forte motivazione sullo sfondo più ampio delle vicende che interessano più in generale il bacino del Mediterraneo, sia che si tratti dei contatti transmarini finalizzati all’approvvigionamento di materie prime nella preistoria, sia che lo stanziamento sia legato allo sfruttamento industriale delle risorse del mare come nell’età romana imperiale, duemila anni fa, oppure al volontario esilio al margine del regno vandalico di un gruppo di individui in pieno dissenso politico-religioso con il potere centrale come accade in epoca tardo-antica, circa 1500 anni fa.

I reperti dell’antica lavorazione del pesce in età romana testimoniano del legame indissolubile tra il mare e la gente di Lampedusa, come i reperti della catacomba paleocristiana di Cala Palme o della Dea Fortuna raccontano di come fedi e tradizioni, sull’isola, trovavano una casa. Dal 2016, il secondo piano è dedicato alle migrazioni. Quelle di ieri e quelle di oggi, quelle che passano da Lampedusa e da altri confini d’Europa, in un racconto che allo stesso tempo tiene memoria e rende testimonianza dell’umanità dei migranti. Oggetti, che possono sembrare insignificanti, sono tessere di un mosaico di umanità che racconta di sogni, speranze e coraggio. Accanto agli oggetti, c’è un’esposizione permanente – che affianca quelle temporanee – multimediale e immersiva che, per una volta, aiuta i visitatori a porsi dal punto di vista dei migranti e dei soccorritori.

Ieri e oggi, passato e presente, si incontrano tra i due piani del museo, decorato da un murales sulla facciata visibile dal mare, realizzato da Rosk&Loste, che rappresenta una sirena e il mare. Un museo che non è immobile, ma si muove, da fermo, in un viaggio nel tempo e nello spazio.

Podcast: Storia di Lampedusa - 3^ puntata

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